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Alessandro Peroni
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Hector Berlioz
Eufonia, città-orchestra:
l'Utopia musicale di Hector Berlioz


Saggio pubblicato in "La Fortezza",
XI, nn. 1-2/2000 - XII, nn. 1-2/2001, pp. 86-118
(uscito nel 2003)


"Eufonia è una cittadina di dodicimila anime che sorge sulle pendici dell'Hartz, in Germania. In realtà è un unico grande conservatorio di musica, perché la pratica di quell'arte è il solo fine dell'attività degli abitanti. Tutti gli eufoniani, uomini, donne e bambini, si occupano esclusivamente della musica, del canto, dello studio dei diversi strumenti e di tutto ciò che ha un'attinenza diretta con l'arte musicale. Sono per la maggior parte sia strumentisti che cantanti: alcuni, che non sono esecutori, si occupano della fabbricazione degli strumenti, della scrittura e della stampa degli spartiti; altri si dedicano a ricerche di acustica e allo studio di tutti i fenomeni fisici che concorrono alla produzione dei suoni. Gli strumentisti e i cantanti sono suddivisi per categorie nei diversi quartieri della città. Ogni voce, ogni strumento, hanno una strada da cui prendono il nome e dove abita solo la parte di popolazione che si dedica alla pratica di quella voce o di quello strumento. C'è la via dei soprani, dei bassi, dei tenori, dei contralti, c'è quella dei violini, dei flauti, dei corni, delle arpe e via dicendo. Inutile dire che Eufonia è soggetta a un regime di tipo militare e il suo governo è dispotico: di qui l'ordine perfetto che regna nell'istruzione e i mirabili risultati artistici che si ottengono. Del resto l'imperatore di Germania fa di tutto perché la vita degli eufoniani sia il più possibile felice; in cambio chiede solo che due o tre volte l'anno gli si mandi qualche migliaio di musicisti per le feste indette nelle diverse province dell'impero. È raro che si sposti tutta la cittadinanza. Nelle feste solenni il cui unico tema è l'arte, chi si sposta è invece il pubblico: la gente va ad ascoltare gli eufoniani" (H. Berlioz, Eufonia o la città musicale, trad. it. R. Ferrara, Palermo, Sellerio, 1993, pp. 78-79).

Hector Berlioz immaginò questa Utopia musicale, una sorta di campanelliana Città del Sole completamente dedita alla musica, nel 1844 e la ripubblicò nel 1852, insieme ad altri testi, nella raccolta Les Soirées de l'orchestre. Si tratta, in realtà, di una novella dai caldi toni romantici, una storia d'amore e tradimenti destinata a sfociare in un finale sanguinoso. Come per la Sinfonia fantastica, lo spunto di Berlioz era profondamente autobiografico, e leggere questa piccola opera letteraria è illuminante per comprendere non solo la sua musica, ma anche molti degli sviluppi dell'Ottocento musicale.
Certo, Eufonia o la città musicale non può essere considerata un vero e proprio trattato di estetica musicale: come sempre, in Berlioz, il confine fra immaginazione razionale e delirio romantico è sottile. Non per nulla lo Stato perfetto della musica, che forse egli aveva qualche volta realmente vagheggiato, era destinato a crollare a causa del tragico amore dei musicisti eufoniani Xifef e Shetland per la cantante Mina: "Ai funerali dei due amici, la cui terribile fine, come ogni cosa in quel dramma, rimase incomprensibile per l'intera città, la pubblica afflizione fu tale che non solo i canti, ma persino i suoni funebri furono banditi" (p. 103). Anche il perfetto ordine della musica, dinanzi al furore delle passioni, era destinato a dissolversi in quella che per Eufonia era la più grave delle condanne: il silenzio, cioè il non essere.

Nel saggio pubblicato in "La Fortezza" ho compiuto un'analisi del testo berlioziano, andando alla ricerca di elementi autobiografici e teorici di cui ho trovato riscontro nelle Memorie, nell'epistolario e nei trattati.
Eufonia si dimostra così un ricco condensato in forma narrativa delle idee del grande innovatore dell'orchestra moderna: riletta nell'ottica di questo breve racconto, la sua teoria dell'orchestra appare assai meno "meccanica" di quanto molti critici (Wagner per primo) abbiano voluto interpretarla. L’affermazione che l’orchestra-meccanismo costituisca l’ideale assoluto di Berlioz rappresenta infatti la conseguenza di un approccio critico un po’ troppo schematico, in quanto è pure evidente che le travolgenti passioni, al pari dell’“ispirazione” o del “genio” , costituiscono pur sempre per il compositore francese elementi vitalizzanti ed imprescindibili dell’esperienza artistica. Le conclusioni a cui pervengo nel mio saggio non risolvono di certo le numerose ambiguità di fondo dell’estetica berlioziana, ma fanno tuttavia chiarezza almeno su un punto del suo pensiero: l’orchestra, per quanto perfetta, non può rappresentare un fine per se stessa. Essa, come ci rivela anche la conclusione del Grand traité, deve costituire piuttosto il mezzo attraverso il quale il compositore-direttore esprime la sua arte: l’unico strumento capace di far risuonare la voce delle forze della natura o il grido di un popolo.



    Bibliografia essenziale

  • H. BARRAUD, Berlioz, a cura di P. Isotta, Milano, Rusconi, 1981.
  • J. BARZUN, Berlioz and the Romantic Century, 2 voll., London-New York, Columbia University Press, 1969.
  • P. BLOOM (ed.), Berlioz Studies, Cambridge, Cambridge University Press, 1992.
  • F. SABBADINI, Invito all'ascolto di Berlioz, Milano, Mursia, 1989.
  • New Berlioz Edition of the Complete Works, edited by H. Macdonald and others, issued by the Berlioz Centenary Commitee London, in association with the Calouste Gulbenkian Foundation Lisboa, Kassel, Bärenreiter, 1967-, per la quale sono previsti 26 volumi da pubblicarsi entro il 2003. Per aggiornamenti sulle uscite, si consulti il sito della New Berlioz Edition.



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